Non c’è spazio in questo cosmo nemmeno per gli attori, dimenticabili, statue di cera già sciolte sulla materia filmica, né per immedesimazioni pretestuose, tanto meno per adulazioni di star sui coturni, il protagonista è colui che guarda, meglio se dormendo. Angela Bundalovic è il character principale, improponibile alla fabbrica del consumo, proprio perché dev’essere ed è deuteragonista (o sta solo lanciando la volata alla figlia di Refn nell’ennesima provocazione che si fa provocatoria entrata in scena come autocritica al system che si perpetua escludendo nel mentre predica inclusione?). Regna sui mobili lucenti, sui rari fiori, sui profumi dell’ambra, sui ricchi soffitti, sugli specchi profondi, sullo splendore orientale la lingua segreta dell’anima, il grugnito orwelliano dei maiali che invita al viaggio: ultimo sberleffo d’autore al russare della mala vita.
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