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Horror. L’ossessione per Thanatos di Mike Flanagan

È sicuramente il golden boy dell’horror, Mike Flanagan. Mentre guardiamo la sua ultima serie – forse la meno riuscita, diciamolo, più citazionista che ispirata – La caduta della casa degli Usher, è interessante fare una riflessione sul modo in cui il tema della morte seduce e in qualche modo ossessiona il regista e sceneggiatore originario di Salem (sic).

Sembra proprio questa, infatti, la grande domanda di fondo dell’esplorazione artistica di Flanagan, in quel filo di perle che comincia con The Haunting of Hill House – la più bella della trilogia di serie tv ispirata da opere letterarie, in questo caso un adattamento da L’incubo di Hill House di Shirley Jackson – e poi continua con The Haunting of Bly Manor (ispirato a Giro di vite di Henry James) per chiudere, appunto, con La caduta della casa degli Usher e lo sconfinato (e per questo forse anche inarrivabile) materiale narrativo e poetico di Edgar Allan Poe.

Ma ci sono, nella filmografia di Flanagan, almeno altri due lavori che rivelano un’ossessione per Thanatos, e sono Midnight Mass, da più parti considerato un capolavoro, ed una cosa più strana, a metà tra il teen drama, il divertissement e le atmosfere da “Piccoli Brividi”: The Midnight Club.

In una conversazione con Guillermo Del Toro (un piccolo gioiello, si può recuperare a questo link), Flanagan ha spiegato che l’horror, sia letterario che cinematografico, ha sempre rappresentato per lui un modo, fin dall’infanzia, per spingere più avanti la soglia del coraggio, il coraggio di guardare in uno specchio la parte peggiore dell’essere umano, ma anche quello di incontrare quel momento fatidico che è la morte.

“Che cosa succede quando moriamo, Riley?” è la domanda che si pongono Erin e Riley, i due protagonisti di Midnight Mass, interpretati da Kate Siegel – che è anche la moglie di Flanagan – e Zach Gilford, e che ritroviamo in tutte le serie perché gli attori del Flanaverse sono sempre gli stessi, e danno prova di eccellente bravura. Cosa succede dopo, dunque? Si vive il sogno che mette fine a tutti i sogni della vita, e ciò accade per quell’ultima, pirotecnica attività cerebrale prima del nulla eterno. Almeno è questo, nell’attesa della notte più oscura mai raccontata in una serie tv, che si dicono i due amanti di Midnight Mass. Qui la morte arriva travestita da angelo, un angelo mostruoso, un vampiro. Ma sconfiggerla, grazie a lui, e oltrepassarne i confini, non rende l’umanità migliore, anzi la cancella.

Più straziante, andando oltre il format da serie teen che lo ammanta, è la storia di The Midnight Club, dove la morte è il destino inaccettabile di un gruppo di adolescenti malati terminali, che si ritrovano a mezzanotte, nel salone della clinica, a raccontarsi storie di paura. I ragazzi sono ragazzi: si innamorano, si arrabbiano, hanno storie dolorose, rapporti familiari complicati come tutti gli adolescenti. Però muoiono, come I dieci piccoli indiani, e in questo non ci sono sconti, a parte la vertiginosa sete di risposte che li accomuna: Perché io? Perché così poco tempo? Cosa lascio dietro di me? Un leitmotiv che è ricerca spasmodica, lotta contro il tempo, indagando la consapevolezza più inaccettabile della vita.

Nella Caduta della casa degli Usher la morte è impersonata da Verna/Raven (Carla Gugino), demone, entità che dimostra una straordinaria attitudine al contrappasso, ma anche molta pietas. In una delle ultime puntate, declama La città nel mare di Poe. Ed è una scena fantasticamente recitata, non sopra né sotto le righe, perfetta.

Mike Flanagan

Non la fine della ricerca, non la risposta, ma certamente un’altra prospettiva sulla morte, ammantata della magia di un poeta che forse, più di tanti altri, ha abitato le zone d’ombra, gli abissi sommersi dell’immaginazione. Guarda: la Morte si è innalzata un trono in una città strana e solitaria laggiù, nell’Occidente tenebroso, dove buoni e cattivi, ottimi e pessimi sono andati al loro eterno riposo. I templi ed i palazzi, lì, e le torri (corrose dal tempo, ma non tremano!) non somigliano a niente che sia nostro.

Nella foto in apertura, Carla Cugino alias Verna

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