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Barbara Stefanelli e Love Harder. Accendiamo la luce nel buio dell’Iran

When it burns brighter a lover like me learns to be a fighter. When it gets darker a fighter like me learns to love harder.

Quando tutto si infiamma, noi innamorati impariamo a essere guerrieri. Quando il buio diventa nero, noi guerrieri impariamo ad amare più forte.

È un passaggio di Love Harder, canzone della poetessa e musicista britannica Kae Tempest che ha ispirato il libro – stesso titolo Love Harder (Solferino) – scritto da Barbara Stefanelli sulle ragazze iraniane.

«È una chiamata per tutti, anche per noi. Affinché si scriva e si facciano conoscere storie che altrimenti andrebbero perdute; un atto di amore combattente per la vita propria e quella degli altri. Non possiamo abdicare, non possiamo non metterci in mezzo e creare le possibilità di un compromesso. Non dobbiamo rinunciare a combattere come se questa cosa non ci riguardasse». Così Stefanelli, vicedirettrice vicario del Corriere della Sera, ideatrice de La27Ora, nel presentare il suo ultimo lavoro al Teatro Parenti di Milano. Pochi giorni prima era stato assegnato il premio Nobel per la pace all’iraniana Narges Mohammadi per la sua lotta contro l’oppressione delle donne nel Paese. In una cerimonia “in assenza” perché lei si trova incarcerata in un Paese che vive una crisi sempre più chiusa.

È drammatica la situazione che le ragazze devono subìre in Iran. E Love Harder lo denuncia: «È un libro sulla resistenza» ha spiegato lo scrittore Paolo Giordano, «un libro sul femminismo scritto in un momento in cui in molte parti del mondo esiste una grande tensione fra i generi, che in quel Paese sta esplodendo in maniera particolarmente violenta».

L’Iran, l’Afghanistan, per motivi diversi la Bielorussia e in questi giorni anche Gaza, ha detto Giordano «sono luoghi in cui si stanno perpetrando violazioni di diritti umani molto gravi e da molto tempo. E dai quali non riceviamo segnali, o ne riceviamo pochissimi. Sono Paesi sprofondati nel buio». Love Harder è un libro duro, che racconta storie di ragazze arrestate, torturate, stuprate, uccise. «Ma ha anche tratti di gioia, speranza, slancio. Per la rivoluzione che sta avvenendo, per la resistenza iniziata dopo la morte Mahsa Amini, uccisa nel settembre 2022 dopo il suo arresto per aver indossato l’hijab in modo sbagliato».

Love Harder Solferino Stefanelli Iran
Barbara Stefanelli, Paolo Giordano (a sinistra nella foto) e Luciano Fontana alla presentazione di Love Harder (Solferino) al Teatro Parenti di Milano.

«Love Harder» ha aggiunto Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera «raccoglie storie che si svolgono davanti ai nostri occhi e davanti alle quali noi avvertiamo un senso incredibile di impotenza. C’è qualcosa che il nostro mondo non riesce a fare. L’Iran è un Paese nel quale tutto quello che si muove è dovuto unicamente al coraggio delle persone che in là ci vivono». Ciò che è stato per Nika, Reyhaneh, Asra e le altre dimostra tre questioni. «La prima: la nostra impotenza (o il nostro volerci volgere dall’altra parte)». La seconda: «L’ossessione degli ayatollah per la “rieducazione” delle ragazze, per il loro controllo totale e la loro sottomissione». E ancora, il coraggio straordinario di queste giovani «ma anche delle loro madri che non le fermano, che sperano che quello che loro stesse non sono riuscite a fare faranno le loro figlie».

Le ragazze iraniane camminano davanti a noi è il sottotitolo del libro. «La nostra partecipazione a ciò che accade in quel Paese è intermittente» ha osservato Barbara Stefanelli. «Ci sono vampate di emozione e poi tutto si sbriciola. Io ho provato a realizzare qualcosa che ci mettesse in movimento. La ricerca di spazio, di diritti, fatta con intensità, competenza, passione è delle ragazze di tutto il mondo. Ma in Iran si aggiunge una carica straordinaria di coraggio, con la consapevolezza di mettere a rischio la propria vita, come già accaduto negli anni passati. Forse anche con un po’ di ingenuità, ma è quell’ingenuità che cambia la storia e che forse noi abbiamo perduto».

Spesso si sente dire che l’Occidente è stanco. «Ma non ci possiamo permettere di essere stanchi nel rivendicare ruoli e diritti in difesa delle democrazie e a sostegno di chi è in una situazione enormemente più drammatica della nostra, che vuole vivere liberamente la propria vita. La stanchezza, dovuta alla nostra voglia di sicurezza e stabilità economica, è qualcosa che non può passare» ha ribadito ancora una volta Luciano Fontana.

Far conoscere al mondo quello che sta accadendo, raccontare, scrivere libri, portarli in giro, non è inutile. Anzi, è fondamentale per capire che non dobbiamo pensare che quello che accade in Iran e nel mondo non ci riguardi.

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Il libro. Barbara Stefanelli Love Harder (Solferino)

Nella foto in alto: proteste a Londra dopo la morte di Mahsa Amini, uccisa per aver indossato l’hijab in modo sbagliato.

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