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Ocean Vuong. Dal Vietnam agli Usa, la lettera di un poeta alla madre

La madre, già adulta, guarda un disegno da colorare e ci entra dentro. Il figlio entra in una pagina, scrivendo o leggendo. Si assomigliano, sono l’uno l’altra.

Brevemente risplendiamo sulla terra (La Nave di Teseo), primo romanzo del poeta Ocean Vuong, è la storia di una madre e di un figlio emigrati dal Vietnam negli Stati Uniti – due persone che si appartengono, due mostri, nel senso che ne davano gli antichi, ibridi come fossero un centauro.

A 28 anni, lo scrittore legge il Roland Barthes orfano di Dove lei non è e decide di scrivere alla madre finché è viva. La madre, che fa manicure e pedicure alle signore americane, è giunta ad Hartford (Connecticut) come una farfalla monarca fuggita dall’inverno, lei che invece scappava da una infanzia di guerra, da una nuvola al napalm.

La lettera del figlio, chiamato Little Dog per sviare gli spiriti malvagi – e tutti i nomi qui sono importanti, dicono e producono identità – è una narrazione della memoria, impressionistica ed elettrica, fatta di accensioni e digressioni – ce n’è una curiosa dedicata al campione di golf Tiger Woods – di avanti e indietro temporali, che trovano (o dovrebbero trovare) unità in una serie di immagini e di metafore affini al linguaggio della poesia.

La stessa vicenda autobiografica è stata la trama più o meno nascosta dei testi di Cielo notturno con fori d’uscita (La Nave di Teseo, prestigioso premio T. S. Eliot 2018), con cui il giovane Vuong ha conquistato i critici nella sua patria adottiva e invidie in mezzo mondo.

Nel romanzo affiorano potenziali capitoli a sé, e il primo era stato pubblicato come memoir sul New Yorker, per esempio una pagina di guerra vietnamita che ha per protagonista la nonna Lan, un checkpoint Usa, e uomini riuniti per un simbolico pasto in un garage, dove mangiano il cervello di un macaco vivo.

Si capisce sempre di più procedendo nel testo perché il narratore avverta che la memoria non è una “scelta”, ma una “inondazione”: soprattutto quando nella scrittura di Vuong – nel codice materno attraverso cui Little Dog traduce ogni dettaglio della sua vita – irrompe l’eros.

L’incontro con Trevor, il ragazzo tossico con l’elmetto, che lavora con lui in un’azienda agricola, la scoperta del corpo e del sesso mettono a nudo anche il principale difetto del romanzo.

L’eccesso di fiducia nella magia della parola, nella similitudine o nella metonimia che stupisce, nel “poetico”, produce a volte più ingenuità che meraviglia, più fatica nel lettore che incantamento. Ma sono proprio le stonature liriche della prosa che, chiuso il libro, portano subito a googlare Ocean Vuong per leggerne le liriche (a me sembrano belle).

Hanno scritto Jia Tolentino, New Yorker: “Little Dog’s relationship with his mother is his life’s codex: everything that structures his world—work, gratitude, cruelty, poverty, history—is translated through her”. La recensione completa del libro, qui

IL LIBRO Ocean Vuong, Brevemente risplendiamo sulla terra, La Nave di Teseo

Foto dell’autore: Peter Bienkowski

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