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Leggere. I dimenticati, che dopo il lockdown non sono mai ripartiti

“Ciao, è stata dura ma finalmente possiamo ripartire. Come prima”. E’ lo slogan di una pubblicità, una delle tante uscite dopo il lockdown.

«Ci ha fatto venire i brividi» dicono Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, e Luca Leone, direttore editoriale e co-fondatore della casa editrice Infinito. «Se davvero si parla di ripartire come prima, allora vorrà dire che questo periodo doloroso, questa esperienza collettiva dell’Italia pari a quella della seconda guerra mondiale non ci avrà insegnato niente».

Noury e Leone hanno curato il saggio I dimenticati uscito in ebook per Infinito. Ventuno autori per un lavoro, patrocinato da Amnesty, che vuol parlare di chi, dopo la pandemia, non è ripartito. Ma anche di un modello di società che va messa in discussione.

«Nulla potrà essere come prima» scrivono Noury e Leone nella prefazione. «Non dovranno essere replicate le scellerate politiche sanitarie che hanno portato a continui tagli di budget e posti letto negli ospedali, non dovranno essere lasciate inalterate le disuguaglianze sociali ed economiche nelle quali, con cinica spietatezza, si è inserito il Covid. Non dovrà essere permesso che la parola produzione sia sinonimo di produzione industriale e basta. Non dovrà essere lasciato indietro nessuno».

I dimenticati covid lockdown amnesty international

Ripartire. E’ la parola d’ordine di questi tempi.

Lo sottolinea anche Marco Damilano, direttore dell’Espresso, tra gli autori dell’ebook. «L’uscita dal lockdown» dice «ovvero dalla fase della quarantena e del confinamento, è riassumibile nella parola-chiave ripartenza.

La produzione è ripartita, gli spostamenti sono ripartiti, gli eventi pubblici sono ripartiti, e così gli assembramenti di persone, l’inquinamento e altre conseguenze dell’azione umana.

Ma per molte persone, che già erano in condizione di grande vulnerabilità, si è trattato di una falsa ripartenza: i minori, i poveri, le persone con disabilità, quelle private della libertà personale, chi deve vivere per strada, le donne di fronte a un mercato del lavoro discriminatorio.

E poi nella ripartenza restano oscurate alcune domande: che ne sarà dei diritti, del lavoro, della giustizia? Scommettere sui diritti dei laterali, i marginali, i più deboli che non hanno voce, difesa o lobby, significa ricominciare a tessere un filo, rendere più forte la società, in nome di tutti».

Ci sono gli ultimi di sempre nel saggio.

E i “nuovi ultimi”.

«Persone invisibili che devono ritrovare quel posto in società che hanno perso con la pandemia» scrivono Luigi Ciatti, avvocato cassazionista, tra i fondatori dell’Ambulatorio antiusura onlus, e Salvatore Giuffrida, giornalista. «Coloro che lavoravano con contratti precari, stagionali, a tempo, in nero. Le stime parlano almeno di 5 milioni di persone: una buona parte ha perso il lavoro e rischia di finire nelle mani degli usurai e della criminalità organizzata. Secondo il ministero dell’Interno nel primo trimestre 2020, a fronte di un calo del 67 per cento dei reati “predatori”, l’usura è aumentata del 9,7».

Monica Di Sisto, giornalista, vice presidente di Firewatch, racconta della nuova povertà di chi è costretto a ricorrere alla spesa solidale.

«Più di un terzo del campione intervistato da Banca d’Italia nella sua Indagine straordinaria sulle famiglie dichiara di disporre di risorse finanziarie liquide sufficienti a coprire le spese per i consumi essenziali per meno di tre mesi. Se ci fosse un altro lockdown precipiterebbero nella miseria. L’impatto più negativo si è avuto tra quei lavoratori che Bankitalia definisce indipendenti, cioè gli autonomi e le partite Iva».

Ma va detto chiaro, aggiunge Monica Di Sisto: «Il coronavirus non è la causa della catastrofe sociale di questa fase post pandemica. A provocarla sono state le precise scelte politiche degli ultimi 20 anni fatte dalla maggior parte dei Paesi a economia avanzata ed emergente».

I dimenticati sono anche i disabili, gli anziani, i bambini e i ragazzi. Coloro che non hanno casa, chi vive nelle baraccopoli, chi è in carcere. Le donne che lavorando da casa, dove si devono occupare dei figli e della famiglia, vedono moltiplicarsi gli impegni e la fatica. I lavoratori dello spettacolo.

E il Terzo Settore «su cui è calata una scure» scrive Gianni Rufini, direttore di Amnesty Italia.

La raccolta fondi ha sofferto moltissimo, molte Ong hanno chiuso o ridotto l’attività «e questo colpo alla società civile italiana, oltre a minacciare la dispersione di un patrimonio di attività ed esperienza importanti, rischia di lasciare decine di migliaia di persone vulnerabili senza copertura dei loro bisogni essenziali e milioni di persone indifese di fronte al calpestamento dei loro diritti».

I dimenticati si chiude con una serie di proposte concrete di Amnesty Italia che chiede che i fondi destinati al Paese siano utilizzati dal governo «nei settori strategici della convivenza civile per disegnare il futuro dell’Italia nei prossimi mesi. Siamo di fronte a un’occasione unica per ripensare il modello di società e appianare le numerose e devastanti diseguaglianze, iniquità che si sono mostrate con forza durante la pandemia».

Perché la ripresa metta al centro i diritti umani, i diritti di tutti.

I diritti delle vendite saranno devoluti ad Amnesty International.

IL LIBRO AA.VV. I dimenticati. Coloro che non sono ripartiti dopo la pandemia (Infinito). Dal 22 ottobre 2020 non solo ebook anche nelle librerie.

Credit: MajaCorte

Image by MajaCorte is licensed under CC BY-NC-ND 2.0

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