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L’uomo delle castagne. Il nordic noir di Sveistrup resuscita i serial killer

Sinossi Prologo di sangue nel passato con famiglia sterminata (questo prima della sigla). Sigla aerea, a volo d’angelo su un paesaggio danese incendiato dai castagni d’autunno. Via! Giorni nostri: Naia Thulin vuole abbandonare la Omicidi per passare ai crimini informatici. Meno sbattimento per una madre. Mark Hess invece è un poliziotto ribelle, spedito a Copenaghen in punizione. Siamo in un two cops movie con caratteri diversi, la secchiona e lo svogliato ma geniale, in coppia per stoppare un serial killer che si lascia dietro cadaveri e omini fatti di castagne e fiammiferi. Al centro dell’inchiesta c’è una popolare e progressista ministra degli affari sociali, che ha perduto la pace insieme a una figlia… Totale: sei episodi di circa un’ora ciascuno sulla piattaforma Netflix.

È un nordic noir che piacerà ai fans di Jo Nesbø e Stieg Larsson, dicono i recensori laureati e, tra l’altro, lo scrittore e sceneggiatore della serie, il danese Søren Sveistrup (classe 1968), ha di recente messo mano all’incasinatissimo film L’uomo di neve (The Snowman, 2017), tratto proprio da Nesbø.

Qui però Sveistrup è alla ribalta per L’uomo delle castagne (Kastanjemanden, Rizzoli, 2019), suo lodato romanzo d’esordio, oggi tradotto in immagini a conferma della fortunata carriera tv dell’autore: pluripremiato con BAFTA e Emmy, Sveitrup è entrato nel Gotha del thriller sceneggiando brividi e silenzi della cupa serie ForbrydelsenThe Killing (2007), così cold and cool che ne è stato fatto il remake Usa per Fox Tv, The Killing (2011-2014).

Nordic noir: veroL’uomo delle castagne lo è per lo stile realistico, anche brutale (altro che il nostro macchiettismo giallo da strapaese), per il risvolto d’animo scuro dei protagonisti (buoni e cattivi), per i dilemmi nascosti dietro la burocrazia di un’indagine, per il fuoco dell’odio che divampa in società che si vogliono algide e liberali e dove il potere parrebbe gestito in modo trasparente. Ma anche…

Nordic detectives

L’uomo delle castagne è anche un “thriller da serial killer” con altre specifiche geografiche, tipo filmone all’americana, dalla cui scuola cinematografica Sveistrup recupera la lezione. Per dire, il vulnus antico che riesplode nel presente appartiene a tutto il giallo freudiano da personaggio tarato: trionfa da Psycho di Alfred Hitchcock in giù e in su. Al realismo danese accosta il barocco di delitti apparecchiati come in un simbolico set teatrale richiamando per la crudezza del tableaux vivant (anzi del tableaux morente) tutti i thriller più o meno manieristi confluiti sullo schermo in Seven e su piattaforna in True Detective.

Piuttosto. L’assassino delle Castagne ci ha ricordato La promessa di Sean Penn con Jack Nicholson, anzi il celebre romanzo omonimo da cui è ricavato, firmato dal maestro zurighese Friedrich Dürrenmatt: quello al suo Gigante dei Porcospini ci è parso, da parte di Sveistrup, più di un ammicco.

Il cast Alla regia del serial si sono alternati Mikkel Serup e Kasper Barfoed: il primo aveva diretto puntate di The Killing, il secondo episodi del thriller/drama Gidseltagningen. Nel cast di validi attori dalle facce autentiche spiccano Danica Curcic (The Mist, Equinox), Mikkel Boe Folsgaard (A Royal Affair, Borgen), Iben Dorner (Borgen), Lars Ranthe (Un altro giro) e David Dencik (Chernobyl, No Time To Die).

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