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Allonsanfàn
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(S)visto per voi. Godfather of Harlem: ci sei mancato, Forest Whitaker, non ci mancherai

Chiuso in isolamento in una cella ad Alcatraz, massacrato di botte dai secondini. Ecco dov’era Forest Whitaker, quella montagna d’uomo sempre sotto pericolo di frana e con l’occhio alla zuava, che avevamo lasciato a dar da mangiare ai piccioni, samurai con la vocazione da gattara. Una carriera culminata col premio Oscar per l’interpretazione del dittatore Idi Amin, poi l’oblio…

Così non solo c’era una volta ma gira sempre a Hollywood, come nel resto del mondo, d’altronde, se non sei di quelli che credono a Babbo Natale con la faccetta di DiCaprio e il lanciafiamme, un momento sei il migliore e subito dopo ti tolgono la sedia, già tanto se ti lasciano un sofa… o una serie tv.

Lui ha l’espressione perfetta di chi se non la galera ha visto almeno i tetti del New Jersey così a lungo da pensare che dar da mangiare ai piccioni tutto sommato è un modo di salvarsela la vita. Il mezzo sguardo di chi se ne intende, un samurai senza signore che accetta pure gli scrivano le battute sette sceneggiatori che hanno fatto la scuola giusta, quella del rispetto delle regole, per rientrare se non nel giro giusto nella serie B almeno delle tv series, tra attori che non hanno vinto mai, pure interpretando – per colmo del paradosso, non avendo altro potere che quello di non averne più – un ruolo da Padrino. Un malinconico ritorno a casa, da una guerra combattuta senza fare la fine degli infami, e quindi col rispetto dei vecchi mafiosi italiani ancora tutto da spendere, visto che sotto l’aria dimessa da reduce pare covare ansie da nuove prestazioni, pure se lo script lo ha messo in mezzo a una compagnia di giro scalcinata quanto il gruppo TNT, con due ladruncoli scassati a guardargli le spalle nel mentre incede ad Harlem col passo degli Intoccabili e l’intenzione di riprendersi se non il territorio almeno i numeri civici tra il 110 e il 160.

Non bastasse ad attenderlo c’è pure un carico familiare da Posta di Maria, perché la moglie strafiga della serie evergreen Coppie Improbabili con un passato in costume rosso da Baywatch s’è accontentata come Penelope di gestire la reggia e non gli affari di famiglia, trastullandosi invece che con i Proci coi suoi Porci comodi, living l’attico con i soldi del marito ma non la vida loca avendo a carico la figliastra coi codini e i guanti bianchi che è figlia della figlia tossica di Bumpy, essendo lui il nonno.

“So per certo che riprenderai subito il tuo solito ritmo” gli sussurra lei, maliziosa, indicandogli l’Apollo dov’è in cartellone James Brown con Sex Machine, siamo nel 1963, e infatti non fa a tempo a partecipare alla sua festa che si trova a sbrigare tutte le beghe del quartiere. Non è un caso che la bimba cerchi il Papi in terrazzo, quando invece lui è a pezzi seduto sulle scale, nemmeno il tempo di promettere un Banana Split che gli scagnozzi gli annunciano un nuovo problema da risolvere. Tornato nella penthouse, ci trova la moglie in sottoveste che vorrebbe lui le raccontasse della vita in gattabuia, né si arrende al suo comprensibile ammiccante “Con te vestita così?” (e gli scappa da ridere ora che ha compreso che con “ritmo” lei non intendeva l’Allegro Su&Giù sulla Nona di Ludovico Van, non sapendo bene se abbia per compagna una cretina rompicoglioni o una donna per amico). Meglio a questo punto, pur di stare fuori di casa, riorganizzare il traffico di eroina, non fosse che l’ex sodale è diventato Malcom X (l’attore Nigél Thatch, già in parte per un biopic pure su Obama) e al duji antepone la salvezza degli afroamericani in salsa islamica.

Qualche bianco abusa le donne nere, qualche nero si lascia abusare dalle donne bianche, e alla figlia del nuovo boss italiano (Lucy Fry, riuscito clone australiano di Margot Robbie) piacciono i giovani di colore che cantano il blues (Gigante dà di matto pensando a lei che suona il piffero mentre Jo Condor la tromba). Questa volta nel gioco del politically correct col cerino in mano ci resta l’irlandese coi capelli rossi. Quasi quasi era meglio restare a professare in santa pace il bushido in cella, che c’è pure da lucidare il posteriore del deputato di turno (Giancarlo Esposito con baffetto da sparviero pure lui a zonzo in fuoriserie dopo Breaking Bad), ossequiare suore con gli occhiali bianchi di Dior, sistemare i conti con i soliti poliziotti corrotti ora irriconoscenti, trovare nuovi fornitori

Lui si lascia scivolare tutto addosso, paciosamente, male che vada c’è sempre quel cazzone di Big Dick Buster che sarà meno perspicace di Mr Wolf ma risolve a modo suo davvero ogni tipo di lavoro sporco, poi si rammenta d’avere un rasoio ed è un attimo tornare Ghost Dog. “Hai capito Bumpy!” non si può che esclamare quando, scansato lui l’Affogato all’amarena, e rinunciato noi alla Spagnola, prende per la gola i contendenti autoproclamandosi Banana Split. Ci sei mancato, Forest Whitaker, non ci mancherai.

  • In Italia, la serie Godfather of Harlem è stata resa disponibile dal 23 febbraio 2021 su Disney+ come Star Original.
  • Per altri (S)visti di Gabriele Nava, qui
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