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Allonsanfàn
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Intanto Kelly Reichardt vince un Pardo e noi rivediamo First Cow

Ottima scelta. Il Locarno Film Festival renderà omaggio a Kelly Reichardt, una delle voci più originali e indipendenti del cinema americano contemporaneo, cui verrà consegnato il Pardo d’onore Manor nella serata di venerdì 12 agosto 2022, in Piazza Grande. Sabato 13 allo Spazio Cinema, Reichardt sarà al centro di una conversazione con il pubblico, che nel corso di Locarno75 potrà recuperare due titoli della sua carriera: Meek’s Cutoff (2010) e Night Moves (2013). Intanto, possiamo rivedere First Cow (2021) su MUBI, di cui parliamo qui

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Due piccolinon sappiamo ancora se grandiuomini si aggirano nell’Oregon County, attorno al 1820, tra gli alberi di una fitta e disordinata foresta che si apre su un avamposto di (si fa per dire) civiltà.

I due uomini cui il caso fa mischiare i passi e che si alleano nel selvaggio mondo della frontiera, sono il pacifico cuoco Otis Figowitz, detto Cookie (John Magaro), maltrattato da un gruppo di trappers cui non sa procurare cibo, e il meno pacifico immigrato cinese King-Lu (Orion Lee), ma chissà come si chiama davvero, colpevole del non meglio precisato omicidio di un russo.

Trovatisi a convivere nella baracca di Lu, i due sognano un futuro diverso dalla miseria: una fattoria o, ancora meglio, un hotel a San Francisco, magari con le camere sul mare. La loro prima mossa sarà quella di portare al mercato buonissimi biscotti, cucinati da Cookie e ottenuti col latte della prima mucca avvistata nella zona. Prima e unica davvero. Tale First Cow, che da il titolo al film, è ahimè proprietà del ras della colonia (Toby Jones), un sussiegoso e odioso gallese, unico abbiente e anzi di più nella povertà della zona. Mungergli di nascosto la mucca tutte le notti e portare i dolcetti al mercato il mattino dopo non si rivelerà una grande idea – nel momento in cui seguiamo le poco eroiche gesta di Cookie e King-Lu abbiamo già assistito a un prologo di raggelata perfezione ambientato ai giorni nostri.

Ma fermiamoci qui per dire che Kelly Reichardt (1964) gira il suo western in un impeccabile e snob 4:3 e conferma la sua propensione a un certo minimalismo – cioè allo scambiare un (apparentemente) poco di spettacolo con un molto di significato – e al racconto di anime umili e di reietti, trovandosi di nuovo a fianco lo scrittore e co-sceneggiatore Jon Raymond, dal cui romanzo d’esordio Half Life (2004, credo inedito da noi) è tratto il film.

Appartengono a questo binomio Old Joy (2006), che narra l’alienato girovagare di due amici (uno è il musicista cult Will Oldhman) e il magistrale Wendy and Lucy (2008, passato a Un Certain Regard a Cannes), sulla struggente panne in una desolata cittadina dell’Oregon di Michelle Williams, indimenticabile dropout, e del suo cane giallo, perso con lei. A Reichardt e Raymond si deve anche Meek’s Cutoff (2010, proiettato a Venezia), western maledetto e da storia vera su una guida che perde la strada, mentre la regista ha scelto un altro scrittore (Maile Meloy) per il recente Certain Women (2016) – prodotto come già accaduto da Todd Haynes e presentato al Sundance – che intreccia la vita di quattro donne nel Montana.

Com’è allora il nuovo western? Si può intuire: l’epica e la lirica del genere, così come il più tardo e nostalgico crepuscolarismo, sono i grandi assenti di First Cow e si risolvono in un’asciuttezza realistica che ci rende il film e la sua toccante storia di amicizia – compreso in controluce un apologo e un duro giudizio sul capitalismo – assolutamente contemporanei. Siamo senza alcuna enfasi dalle parti dei “quasi western” moderni, ispirati dalle migliori penne statunitensi (citiamo, proprio a caso, quelle di Annie Proulx o Larry McMurtry) oppure, ma con altra misura e distacco, dalle parti dell’affollato filone imperniato sulle assortite disgrazie ed “elegie” appalachiane.

First Cow, uscito in prima sugli schermi dei cinema, è ora sulla piattaforma MUBI, che continua una politica di cinema, avremmo detto una volta, d’essai.

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