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La vecchiaia (che non è così male…) secondo Paolo Hendel

Che giorno dev’essere stato quel giorno per Paolo Hendel. Lui lo racconta sul palco del Teatro Franco Parenti di Milano in apertura del monologo La giovinezza è sopravvalutata scritto con Marco Vicari e con la regia di Gioele Dix. «Tutto è iniziato il giorno in cui ho accompagnato mia madre novantenne dalla nuova geriatra. In sala d’attesa la mamma si fa portare in bagno dalla badante. Un attimo dopo la geriatra apre la porta del suo studio, mi vede e mi fa: “Prego, tocca a lei…”».

È il giorno in cui Paolo Hendel, 70 anni, si rende conto di essere pericolosamente vicino alla terza età o addirittura di esserci cascato dentro: «Non ho capito come sia successo…». E che anche per lui è venuto il momento di fare i conti con quella che Giacomo Leopardi definisce “la detestata soglia di vecchiezza”. Qualcosa con cui dobbiamo fare i conti tutti, spesso anche litigando (con chi? chissà) e con una buona dose di ansia.

Hendel lo fa a modo suo, in otto capitoli teatrali (annunciati dalla voce di Gioele Dix) che sono una sorta di confessione autoironica sugli anni che passano, con tutto ciò che questo comporta: ansie, ipocondria, visite dall’urologo, controlli medici e inevitabili riflessioni, di ordine filosofico e pratico, sulla dipartita.

Il pubblico attento, “di quell’età lì”, ascolta le paure, le debolezze, gli errori di gioventù sommati agli errori di anzianità. Una continua occasione di gioco nel quale è facile rispecchiarsi, ciascuno con la propria vita, la propria esperienza e la propria sensibilità.

Ascolta Hendel che racconta se stesso e gli anni “importanti” con una sincerità disarmante a partire dal rapporto difficile con un padre morto anziano, di cui ricorda però affettuosamente il ricovero in un pronto soccorso in Toscana, steso in un letto accanto a un altro anziano. I due allungarono un braccio e si presero per mano restando così a lungo.

Lo ascolta affrontare temi difficili come l’Alzheimer e ricordare l’amicizia con Mario Monicelli che amava dire “la vita è un balocco” e come tale va vissuta senza dare importanza a cose che non ne hanno e senza mai prendersi troppo sul serio.

Lo ascolta mentre parla dell’Italia di oggi soprattutto attraverso una carrellata di commenti di utenti “indignati” – non necessariamente anziani – postati sul web (a partire da Tripadvisor e Amazon).

Ne La giovinezza è sopravvalutata si ride parecchio. Paolo Hendel fa “il verso” a Matteo Renzi e Matteo Salvini. Cita Enrico Letta e Mattarella e Draghi. Snocciola epitaffi come quello di Spike Milligan, attore e comico inglese morto nel 2002, che sulla tomba ha voluto scritto “Ve l’avevo detto che non mi sentivo tanto bene”.

E poi cita Leopardi: «Lo dico con tutto l’amore possibile nei suoi confronti: secondo me, riguardo alla giovinezza (dell’arida vita unico fiore) Leopardi esagerava. E la vecchiaia, caro Giacomo, me la butteresti via? Credi a me, è bene che la giovinezza se ne vada via liscia, nel modo più indolore possibile e senza tanti rimpianti. E ben venga l’età della vecchiaia, quando le distrazioni diminuiscono e riesci a dedicarti alle cose importanti della vita: il dolce far niente (se hai la fortuna di potertelo permettere), il lusso di perdere tempo, gli affetti, le cene con gli amici, le ore, mai troppe, passate a giocare con i nipotini, la lettura».

E se la giovinezza è in qualche modo sopravvalutata, Hendel non vuole essere frainteso e precisa: «Sono comunque contento di essere stato giovane, mi sono trovato bene, mi è piaciuto e se mi dovesse ricapitare lo rifarei anche volentieri…» (anche noi, caro Paolo, anche noi… il pensiero del pubblico è così forte che si ha l’impressione di udirlo).

Del resto c’è un solo modo per evitare di diventare vecchi: morire prima. «Ma non mi sembra una gran soluzione».

La giovinezza è sopravvalutata di Paolo Hendel e Marco Vicari, regia di Gioele Dix, scene di Francesca Guarnone, musiche di Savino Cesario, produzione Agidi.

Hende La giovinezza Rizzoli

La giovinezza è sopravvalutata. Il manifesto per una vecchiaia felice è anche un libro scritto da Paolo Hendel con il contributo scientifico della geriatra Maria Chiara Cavallini ed edito da Rizzoli.

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