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Allonsanfàn
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Watcher. Lo stalking girato in chiave horror

Watcher, per mettere al film un’etichetta completa, è un thriller/horror psicologico, abbastanza d’autore e molto al femminile. Racconta di Julia, giovane attrice americana “in pausa”, che si trasferisce a Bucarest per seguire il marito in carriera: lui lavora nel marketing ed essendo di madre romena è venuto comodo spedirlo in una filiale dell’Est Europa. Julia l’ha presa come un’avventura esistenziale e ha accettato di buon grado: sarà stimolante ricominciare da zero in una città straniera, anche senza sapere due parole della lingua. Ma… Mentre cerca di integrarsi nella nuova realtà – in una Bucarest, va detto, piuttosto inospitale, con le sue architetture geometriche e fredde come ghiaccio del comunismo d’antan e con i suoi abitanti arruffoni e isterici, petulanti e diffidenti verso il prossimo, in specie i condómini del palazzo dove va a vivere la coppia – la città, dicevamo, è sconvolta dagli omicidi di un serial killer, detto il Ragno, un pazzo più che feroce che taglia la gola alle ragazze…

Bene. Per la serie “i thriller della finestra di fronte”, Julia si vede costantemente osservata da un antipatico omuncolo che sta nella casa davanti. Che forse – è davvero un tipo squallido e in qualche modo perturbante – la segue anche in città, quando lei entra in un cinema o in un supermarket… A questo punto, Julia comincia ad aver paura e forse a sbroccare.

Di contro, il marito, che si crede un uomo protettivo ma è un pusillanime, sottostima il pericolo di uno stalkeraggio (è il minimo) o che la donna sia addirittura nel mirino del Ragno (è il massimo) e… anche lo spettatore, soprattutto lui, deve scegliere: Julia vive nella realtà o sta andando in paranoia, vittima pure del meno conosciuto ma devastante gaslighting? Non sarà che anche noi troviamo, vigliaccamente e maschilisticamente (se siamo maschi) ingiustificati i timori che potrebbero (sottolineato potrebbero) portare a un femminicidio?

È questa la domanda invitante e imbarazzante  – perché ci divide in buoni e cattivi, giù in platea – di Chloe Okuno, regista al primo lungometraggio, dopo una serie di corti e dopo essersi fatta apprezzare per Storm Drain nell’antologia horror V/H/S/94.

Qui Okuno si àncora, più che nell’ispirazione nello svolgimento, ad alcuni punti fermi visivi molto classici: Hitchcock in toto, a partire naturalmente dalla Finestra sul cortile, il Polanski noir de L’inquilino del terzo piano, il primo Argento (c’è un po’ di Suspiria nell’aria), e nel cinemino di Bucarest fa assistere a Julia una scena di Sciarada con Audrey dagli occhi di cerbiatto spaventato.

Okuno va un passo oltre nella ricerca e produzione di significato. La sua Julia, che è Maika Monroe, resa nota dal cult It Follows, invece che in un “normale” film di denuncia viene gettata sapientemente in un horror esistenziale, capace per questo di dirci qualcosa con maggior impatto sulla violenza cui può essere sottoposta una donna molestata, anche solo da uno sguardo maschile (figuriamoci dallo sguardo di un assassino).

Dunque il film è ambizioso e sa comunicare gelo e inquietudine, solitudine e insicurezza. Salvo un treno sferragliante del metro che passa veloce facendoci sobbalzare, lo spavento è trasmesso con meno facili mezzi. Anche e soprattutto con campi ampi sulla città straniera in cui Monroe annega solitaria – vedi le passeggiate di Julia o la scena drammaticamente risolutiva del cocktail party.

Uno spoiler e una previsione: Maika fa la doccia ma non viene assalita dalla portinaia rompiscatole. Bucarest sembra un postaccio – crediamo che il successo ottenuto dal film al Sundance Festival (moltissimi applausi) non possa essere replicato in Romania.

Nelle sale dal 7 settembre, distribuito da Lucky Red e Universal Pictures International Italy

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