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Allonsanfàn
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Deviced: il fumetto che racconta un massacro, anzi tre

Questa è la storia di un fumetto non proprio facile da leggere. Persino se siete tra quelli che si pavoneggiano con l’ultimo modello di smartphone, come gli yuppies di American Psyco con i biglietti da visita filigranati, o se avete con il cellulare un rapporto più possessivo-compulsivo di Frodo con l’anello, bene, sappiate che dopo aver finito le 114 pagine di Deviced – il vero costo della rivoluzione digitale, vedrete la vostra amata fabbrica di selfie con gattini grondare più sangue dell’ascensore di Shining. Fidatevi, desidererete ridurlo in frammenti. Piccoli frammenti.

Deviced non è facile da leggere, anche perché è difficile da trovare. Non perché Cina, Corea e le multinazionali del 5G abbiano minacciato di bloccare le importazioni di Parmigiano e Ferrari se mai fosse arrivato in libreria. Magari! Almeno di Deviced se ne sarebbe accorto qualcuno, invece quest’opera, nata grande, subisce uno dei misteri del mercato del fumetto italiano che vede inspiegabili cortocircuiti editoriali selezionare chi viene pubblicato e chi rimane nel limbo dell’autoproduzione.

Ai bravissimi autori di Deviced è toccato il limbo, anche se il loro lavoro meriterebbe di stare nello stesso scaffale del graphic journalism e del reportage a fumetti, che pure di mercato e di editori ne ha parecchi in Italia. L’idea di Riccardo Lichene, Giulio Garlaschi e Davide Gatti, associatisi alla disegnatrice Marika Michelazzi, nasce come compito finale del master di Public History dell’università Statale di Milano che chiedeva di raccontare la storia di un oggetto. Loro hanno pensato a quello che tutti, ma proprio tutti, hanno per le mani. Forse, però, non immaginavano che la mancanza di fantasia avrebbe prodotto un lavoro di ricerca così originale. La collaborazione con il fotoreporter Stefano Stranges ha contribuito ulteriormente a dare uno sguardo ai loro “device” molto diverso dalla scheda informativa che li accompagna nei negozi di elettronica. Alla fine, si sono trovati per le mani tre storie e una bomba di documentazione su tutte le peggio zozzerie etiche di fronte alle quali il mondo chiude entrambi gli occhi pur di condividere l’ultimo TikTok. Non paghi, hanno arricchito il lavoro di schede informative sulla situazione geopolitica dei Paesi coinvolti e sulle situazioni attraversate dai personaggi. Un lavoro che sarebbe stato perfetto per Feltrinelli, o Beccogiallo, invece è arrivata la pandemia e Deviced è rimasto lì, riuscendo a diventare un’opera di carta solo grazie al crowdfunding.

Certe idee, però, brillano tanto che, anche sotto la polvere, alla fine si fanno notare. Mi sono imbattuto in Deviced nella biblioteca del Mecenate Povero, una specie di fatina buona per fumettisti indipendenti che si occupa soprattutto di trovare per loro uno spazio gratuito e dignitoso alle fiere del fumetto. Un giorno vi parlerò di come alla maggior parte delle manifestazioni che, grazie a comics e ai giovani autori sono nate e prosperate, oggi releghino chi si autoproduce tra il palco del K-Pop e il venditore di arancini dopo avergli chiesto diverse centinaia di euro per un metro quadro. Ma non è questo il giorno, oggi parliamo di Joseph, Lu e Bina e di come le loro storie si intersecano con l’oggetto che tutti abbiamo in tasca.

Deviced angelino alberto

Joseph vive a Rubaya, nel Congo, fino a 13 anni il lavoro del padre medico riusciva a mantenere dignitosamente la famiglia. Poi durante l’ennesimo golpe di guerriglieri (o esercito di liberazione, a seconda se state dalla parte di chi li paga o meno), il padre sparisce e Joseph finisce nelle miniere illegali dell’altopiano del Masisi. Il suo inferno è legato al Coltan: la columbite-tantalite, miscela ad alto tasso di Tantalio che si usa nei condensatori di cellulari e computer. Di certo estrarre il Coltan dall’alba al tramonto, sotto il sole o la pioggia, per 2 dollari al giorno, non sarà quello che farà decollare il potere d’acquisto dei cittadini del Congo. Al massimo il conto alle Cayman dei suoi governanti e la nostra soddisfazione nel vedere che possiamo avere una terza fotocamera integrata a soli 30 euro in più. Posto sempre che Joseph non pianti troppe grane, altrimenti farlo tacere a badilate potrebbe far aumentare il costo.

Aspettate a turbarvi, seconda storia: andiamo a Shenzen in Cina, la città di 13 milioni di abitanti dove quartieri grandi quanto la Brianza sono stati costruiti dalle fabbriche e per le fabbriche. Il tantalio è diventato un insieme infinito di schede elettroniche, che ogni giorno, tutti i giorni, Lu prende dal nastro trasportatore, salda, pulisce e rimette sul nastro. Poi va a casa, dorme e ricomincia il mattino dopo. La sua vita è un po’ più regolare quella di Joseph, forse un po’ troppo regolare: la sua fabbrica ha dovuto mettere le reti attorno al palazzo, quando ha visto aumentare il tasso dei suicidi.

Deviced angelino

Bina, invece, sta ad Agbogbloshie nel Ghana, una grande discarica dove l’occidente riversa computer e smartphone obsoleti e inservibili dopo averli etichettati come aiuti umanitari per i Paesi in via di sviluppo. Neanche lui se la passerebbe troppo male. Certo il posto è gestito da gente che valuta la vita umana quanto un cellulare di ultima generazione, ma 20 anni fa le persone come Bina, specializzate nel recuperare e riassemblare hardware erano professionisti preziosi, e sono riusciti a creare un’economia di cui ha beneficiato l’intera regione. Fino a quando noi non abbiamo cominciato a volere laptop, schermi al plasma ultrasottili e telefonini che non si possono più praticamente aprire. Meglio bruciare tutto e recuperare i metalli. Pratico, poco costoso, molto, molto tossico. Il nostro device, insomma, è ancora in grado di uccidere anche da morto.

E adesso che lo sappiamo? Ripeschiamo il nostro indistruttibile Nokia 3310 in fondo al cassetto e viviamo felici senza mettere nemmeno un cuoricino su Instagram? Una buona alternativa è comprare smartphone e laptop etici. La scelta è limitata in termini di marche, ma potrebbe ampliarsi se possiamo diffondere la consapevolezza che il problema esiste, magari anche acquistando Deviced e facendolo conoscere. Per farlo potete andare sulla pagina online di Devided e magari aspettare ancora un anno per cambiare il vostro cellulare.

In alto: la copertina di Deviced

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