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Allonsanfàn
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Un premio per Rovelli. Andare a vedere, senza stelle che fanno luce

Il 9 aprile Carlo Rovelli riceve il Lewis Thomas Prize 2024 per “la scrittura scientifica” alla Rockefeller University. Il Premio prende il nome dal medico-scienziato e saggista Lewis Thomas, ed è stato istituito nel 1993 dal Consiglio della Fondazione Rockefeller. “Da Epicuro a Einstein, dai buchi bianchi ai quark top, Rovelli incarna la figura dello scienziato-poeta”, dice Jesse H. Ausubel, presidente della giuria. “Nel mondo conflittuale del 2024, la voce costante e idealistica della raccolta di saggi di Rovelli Ci sono posti nel mondo dove le regole sono meno importanti della gentilezza appare particolarmente preziosa”

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Chi di mestiere fa il fisico teorico, come Carlo Rovelli, si incammina (lui lo fa con i sandali aperti anche in pieno inverno, un vezzo da scienziato noncurante) in luoghi impervi e improbabili, dai nomi  spesso di splendida evocazione, come “l’orizzonte degli eventi”: forse uno dei più bei termini scientifici mai ideati, che indica i margini di un buco nero oltre il quale c’è l’inconoscibile; tutti gli eventi che accadono oltre quello steccato immateriale, semplicemente non sono osservabili.

Ecco, Rovelli passeggia amabilmente, e lo fa da anni, lungo i bordi di un buco nero, interrogando le stelle e i vaghi corpi celesti, con in mano il manuale di “istruzioni per l’uso dell’universo”, scritto a suo tempo da quel gigante del pensiero che era Albert Einstein. «Le equazioni più belle della fisica» le definisce lui, con un incantamento e un amore che immediatamente ci contagia, anche se noi poco sappiamo di queste equazioni, e ancora meno comprendiamo.

Ma ecco, sull’orizzonte degli eventi di un buco nero le equazioni einsteiniane vengono meno, non servono  più a comprendere che cosa sta succedendo, non c’è più connessione, come si direbbe, siamo senza guida. Abbiamo solo Rovelli che, anch’egli privo di strumenti indagativi, ci invita però a seguirlo «per andare a vedere, anche senza stelle che fanno luce». Per andare oltre la collina.

Certo, penetrare in un buco cosmico, sia pure con la mente, non è semplicissimo. Ammesso di volerlo fare poi. Ci stiamo forse annoiando, qui sulla Terra? Che ci importa di ciò che esiste dentro una stella collassata da cui nulla esce? Obiezioni respinte. Ficcarsi dentro un vortice oscuro e guardarsi intorno, stabilire il da farsi, giungere a una serie di supposizioni, magari tutte sbagliate ma forse anche qualcuna giusta, e tornarsene a casa (idealmente, si intende) con una mappa approssimativa ma inestimabile perché prima su quel foglio non c’era nulla, è più che utile o sensato. È necessario. È la ragione della scienza, del nostro stare al mondo cercando, in questa frazione così fuggente di tempo, di capirci qualcosa.

Quindi andiamo. Ma Rovelli, nel suo libriccino blu di 130 pagine non ha in mente i buchi neri, in realtà, bensì quelli bianchi (avevamo tralasciato il titolo, in effetti, rimediamo subito: Buchi bianchi – Dentro l’orizzonte, Adelphi).

Quelli neri, è il ragionamento sotteso, lo sappiamo che ci sono, esistono da anni, li abbiamo pure fotografati, più o meno. In un certo senso, non fanno più notizia. Ma quelli bianchi, ah, che meraviglia, anche se Rovelli ammette che non è nemmeno sicuro che esistano davvero, però se li immagina, pensandoci su in base a complessi ragionamenti di fisica teorica, e in questo suo acrobatico cammino mentale ci invita a seguirlo.

Non ci capiamo molto? Non importa, intuiamo quel che basta per non stancarci e non aver voglia di tornare sui nostri passi.

Del resto, fidiamoci. Un buco bianco, in sostanza, è quello che inizia quando un buco nero finisce, quando la stella morente che, implodendo, lo ha fatto nascere arriva al fondo della sua interminabile caduta (pensiamolo come un imbuto lunghissimo e sempre più stretto). E, ipotizza il nostro irrequieto fisico-scrittore dagli eccentrici sandali, quando in questo viaggio al termine della notte “sbattiamo” sul fondo, il buco nero, e noi con lui, e il tempo stesso, non potrebbero semplicemente rimbalzare e tornare indietro?

E se il tempo torna indietro, dove va? Verso il passato?
Troppo semplice.
Verso il futuro?
Potrebbe essere.

E poi? E poi il viaggio continua, sempre più pazzo, più mentalmente arduo e affascinante. È la fisica quantistica dello spazio e del tempo, bellezza, e tu non ci puoi fare niente. «È questo il motivo per cui i buchi neri e bianchi mi interessano tanto» scrive l’autore. «Ho passato la vita a cercare di capire la struttura concettuale necessaria per orientarci quando spazio e tempo sono quantistici. È il mio grande amore. La fiamma che, nel fondo nel buco nero, vedo scintillare».

Rovelli a Fronteiras do Pensamento, Porto Alegre 2017

Che Rovelli abbia passato la vita in questa impresa, traendone così tanto godimento, ci lascia un po’ interdetti. Ma lui è uno scienziato, fatto per seguire virtute e conoscenza. A noi terrestri normali, non avvezzi a cosmiche montagne russe, leggere questo volumetto che ci scaglia lontano non serve, in realtà, per capire sul serio. Forse anche, ma non è questo il punto. Comprendiamo qualcosa a pagina 34, per dire, ci smarriamo di nuovo dieci pagine dopo, afferriamo (o così ci sembra) un concetto a metà libro, ci smarriamo nuovamente.

Che importa. Quello che abbiano davvero compreso, e ci resta dentro perché si tratta di un metodo di pensiero e di vita prima ancora che di contenuti, è che la scienza, in questo caso l’astrofisica ma vale per qualsiasi altro campo di investigazione, è uno spalancare le finestre verso mondi che sono lì, inaccessibili finché non ci sporgiamo a guardarli e quando iniziamo a guardarli non smetteremmo più. E intanto abbiamo fatto prendere aria ai nostri pensieri sempre un po’ angusti.

Certo, avverte Rovelli, si prendono abbagli così facendo, si fanno tanti passi falsi, ci si trova in vicoli che non portano da nessuna parte. «Fare scienza è una successione di delusioni, di cose che non funzionano, di idee sbagliate, esperimenti che non riescono, conti che non tornano».

Però non si sta mai fermi. E al di là dei buchi neri, bianchi o di altro colore (che Rovelli paragona a delicate libellule che fluttuano nell’universo), questo libro è un breve e potentissimo inno alla scienza. Che è imperfetta e, paradossalmente, perfetta proprio perché è così. «Un passo avanti, non so verso dove. Si vive anche per questo».

*Alice Caroli è una giornalista torinese (Credit: Carlo Rovelli no Fronteiras do Pensamento Porto Alegre 2017 (34779638805) di Fronteiras do Pensamento è concesso con licenza CC BY-SA 2.0.)
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