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Allonsanfàn
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Leggere. Con una pièce Modiano continua il grande romanzo della sua Parigi fantasma

È tutto un andare a tentoni, metà sonnambuli, metà smemorati, nei romanzi – nel grande unico romanzo – di Patrick Modiano (Boulogne-Billancourt, 1945), dove la Parigi del dopoguerra, quella in cui lui è cresciuto come una pianta sbieca e solitaria, gli permette ricognizioni spesso basate solo sulla suggestione di un nome, che sia quello di un delinquente di piccolo cabotaggio, o di una via, là dietro Port de Clignancourt, o di un bistrot mal frequentato, invaso dal fumo.

E poi: cherchez la femme. Ce n’è sempre una – come l’incantevole Louki del recente Nel caffé della gioventù perduta, 2007 – che è svanita dopo un casuale contatto col narratore, e vive ora da qualche parte, ignota, nello spazio e nel tempo, a lui, il ragazzo alto, magro e trasognato; una Louki da lui amata per quell’attimo che ora, senza rimedio, è già trascorso.

Se, come vuole il detto, “ogni storia d’amore è una storia di fantasmi”, qui va all’inverso: “ogni storia di fantasmi è una storia d’amore”, e di più, da quando Modiano ha rinunciato pure a un’imbastitura di trama – per verifica, si può controllare come è solido rispetto agli ultimi, per dirne uno a caso, il plot nebbioso, ma aiutato dal sole della Costa Azzurra, di Domeniche d’agosto, del 1986.

Cambiamo scena in senso letterale. Ora il premio Nobel 2014, già eccellente sceneggiatore per Louis Malle (Cognome e nome: Lacombe Lucien, 1974) si priva delle sue onde di prosa, vaghe e dispersive – ma capaci di tirare a riva un messaggio in bottiglia – per servirsi dei dialoghi e basta di una pièce teatrale.

Ne Il nostro debutto nella vita (Einaudi, 2020) Modiano mescola passato e presente nell’atto unico in cui Jean è (o ricorda di sé di quand’era) un ragazzo, uno scrittore in erba che trascorre una notte in teatro con una ragazza, Dominique, aspirante attrice.

Lei prova Il Gabbiano, lui l’aiuta. È un amore nascente, ma contrastato, prima ancora che dal tempo, dalla madre di lui, la frustrata attrice Elvire, e dal suo compagno, lo stolido scrittore Caveaux.

Quell’Elvire e quel Caveaux che in un cambio di tempi, una sera, aspetteranno Jean per strada, come due sentinelle, e a lui, adulto e sorpreso, non resterà che dir loro “in che anno siamo? Credevo davvero che foste morti…”

Ma intanto siamo ancora nella notte in teatro dove “le pareti, il palcoscenico, la galleria sono impregnati da chi ha recitato qui fin dall’inizio…”. Jean, in camerino con Dominique, le fa ripetere le battute di Cechov. Nello stesso momento, Jean è già invecchiato, di spalle alla platea, conscio di aver perso Dominique per sempre.

La ricorda e si chiede chissà quando si sono incontrati per la prima volta, forse in rue Blanche, forse nel caffè prima della farmacia, in quell’autunno che per lui ha il sapore dell’eternità; credeva che, al contrario che nella vita, “nei teatri non cambiasse nulla e il tempo si fermasse”.

Grande e sentimentale Modiano che lascia sempre il lettore in bilico sulla soglia tra luce – un bagliore – e ombra, cioè buio totale. Per non rischiare la malinconia, però, si possono subito fare due passi in libreria, o scaricare l’ultimo titolo per Gallimard e Einaudi, Ricordi dormienti (è uscito in Francia lo stesso giorno di questa pièce, nel 2017): nel romanzo infinito dello scrittore, Parigi e i suoi fantasmi tornano vivi per un attimo in un nuovo, brillantissimo gioco da illusionista.

IL LIBRO Patrick Modiano, Il nostro debutto nella vita (Einaudi)

Credit: “passage” by zoetnet, Modiano di Frankie Fouganthin

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