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Allonsanfàn
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Corpus Domini, il corpo in mostra tra splendore e miseria

La visione di un corpo percepito dall’interno la offre Chen Zhen nell’opera Crystal Landscape of Inner Body del 2000 (sulla sinistra, nella foto in apertura): una riproduzione di organi umani disposti su un tavolo trasparente.

Ed è il corpo il protagonista della mostra a Palazzo Reale di Milano fino al 30 gennaio: Corpus Domini. Dal corpo glorioso alle rovine dell’anima, curata da Francesca Alfano Miglietti, in collaborazione con Marsilio Arte e Tenderstories.

Centoundici opere  di 34 artisti riconosciuti a livello internazionale – da Yael Bartana a Christian Boltanski, da Gino De Dominicis a Urs Lüthi, da Carol Rama a Michal Rovner – tra installazioni, sculture, disegni, dipinti, fotografie che raccontano da punti di vista diversi non il corpo reale ma il corpo dello spettacolo, per così dire perfetto perché modificato, ri-prodotto e mostrato sullo schermo. Schermo che è sempre più presente nella vita, dal cellulare al pc, alle dimensioni esagerate di quelli televisivi. Un corpo perfetto, giovane, senza rughe e quindi sostanzialmente finto, il prodotto di una somma di canoni estetici, che trova la vita nell’incastro degli stessi e sembra limitato a questa formula. Un corpo contenitore che occupa uno spazio.

Più il corpo si arricchisce della cosiddetta bellezza offerta al nostro sguardo dalla finzione dello schermo e più sembra spogliarsi dell’anima.

Un’anima che riappare nell’evocazione dei corpi che vivono fuori dallo spettacolo, la cui immagine è spesso delegata a oggetti come valigie, scarpe, abiti, flebo, cose che non rappresentano il corpo in se stesso, ma alludono a esso.

Mentre la mostra prendeva forma, è calata sui corpi la pandemia, mettendone in evidenza l’aspetto fragile e mortale. Tuttavia l’altra faccia di questa guerra è la resilienza dei corpi, che diventano ciò che l’uomo è, la sua volontà.

Il corpo rappresentato dalle masse, lavoratori o malati, sembra superare l’antico dualismo con l’anima, la carne si compromette con la verità e diventa la manifestazione sensibile dell’anima, che per esistere deve farsi appunto carne.

L’opera Creta / Clay di Antony Gormley offre un corpo ripiegato su se stesso che allude all’interiorità così fragile ma così viva nella carne.

Corpus Domini Palazzo Reale Gormley
Antony Gormley Creta / Clay, Courtesy l’artista e Galleria Continua. Foto: Stephen White & Co.

Dall’ostentazione del corpo alla sua evocazione, l’esposizione Corpus Domini si presenta come un viaggio nell’arte contemporanea con opere che vanno dal 1937 al 2021.

Forse il visitatore all’inizio si trova spaesato, perché cerca dei paradigmi in base ai quali giudicare ciò che vede, cerca un’unità di misura.

Ma questa è un’arte che fa leva sull’emozione, che nel percorso attraverso le sale fa comprendere come al suo centro abbia qualcosa che tutti conoscono ma su cui le opere presenti invitano a riflettere. È come porsi davanti al fantasma di se stessi, pensando all’uomo ossia alla creazione più forte della natura, la cui potenza artistica è spontanea e innata.

Accompagnati dalla cortesia di chi accoglie i visitatori, vale la pensa di percorrere la mostra non una volta sola, per catturare quello che Chen Zhen sa bene come far filtrare dalle sue opere: lo spirito. Gli organi del corpo umano, che l’artista cinese espone su un tavolo trasparente e che si mostrano visibili nella loro forma, alludono a una dimensione spirituale e intima. Una dimensione di corpi come incarnazione di anime che vogliono ritrovare la partecipazione al mistero e alla cultura e non limitarsi a una società legata alla materia.

Le opere di Robert Gober ci mostrano un’arte che cessa di essere simbolo, ma diventa sintomo della realtà, dove qualsiasi riverbero della tradizione artistica è inghiottito da una forma che fa della frattura e dell’originalità la sua regola.

Corpus Domini Palazzo Reale Gober
Robert Gober, Bird’s Nest, 2018-2019 Collezione Prada, Milano Foto: Ron Amstutz

La gamba presentata dall’artista americano, con cerotto, calza e sandalo, mutilata, con un nido di uova azzurre posto sul tronco, suggerisce un mondo oltre i limiti della realtà; fin troppo oltre, potrebbe obiettare qualcuno.

Infine, una sezione della mostra è dedicata a Lea Vergine, scomparsa recentemente, importante critica d’arte, colei che ha dato sistematicità alla Body Art. Una studiosa che ha partecipato alla nascita di questo progetto e amava ripetere: “Una mostra non la si fa solo per guardare e vedere, ma anche per sapere”.

Credito immagine in apertura: Allestimento mostra Corpus Domini. Dal corpo glorioso alle rovine dell’anima. Foto Edoardo Valle. Courtesy Palazzo Reale, Milano

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