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Massini e l’inquietante attualità di Mein Kampf

È il testo maledetto del Novecento. Un libro che fa paura. L’inizio di qualcosa che porterà alla morte milioni di persone.

Era il 1924 quando un poco più che trentenne Adolf Hitler, arrestato per il reato di insurrezione in seguito al tentativo fallito di colpo di Stato di Monaco del 9 novembre 1923, dettava Mein Kampf, il suo manifesto politico, in una cella di Landsberg am Lech. Pagine che sarebbero diventate uno dei simboli del male assoluto.

Stefano Massini, scrittore e drammaturgo, ora manda in libreria Mein Kampf da Adolf Hitler (Einaudi), un testo teatrale che scompone e ricompone il testo di Hitler, l’uomo del Male della Storia.

A Mein Kampf Massini ha dedicato anni di studio, ne ha fatto la biopsia, un distillato feroce in cui la religione nazista di rabbia e paura, il culto dell’io e l’esaltazione della massa appaiono in tutta la loro forza di potentissimo déjà-vu. Ricorda Massini: “Hitler è stato il primo a capire come coniugare la politica con la propaganda. Aveva inteso come il rancore sociale e il dolore esistenziale fossero un grande capitale politico”. Così come enorme fosse il potenziale racchiuso nella rabbia del cittadino povero, dimenticato, escluso. E formidabile l’energia attrattiva del capro espiatorio, il giudeo, lo zingaro, l’omosessuale, il diverso, lo straniero. La perfetta sovrapposizione tra la politica e la propaganda.

Massini ha cominciato a lavorare al libro nel 2016 dopo aver saputo che in Germania si era deciso di consentire nuovamente la distribuzione in libreria di Mein Kampf, fino ad allora proibito. Obiettivo: smontarne la leggenda e percepirne gli echi nel presente, con la consapevolezza che niente può distruggere l’orrore più del senso critico, che soltanto la conoscenza può evitare che i mali più grandi si possano ripetere.

Mein Kampf si compone di due parti: la prima di contenuto prevalentemente autobiografico, la seconda di contenuto programmatico-politico, nel quale Hitler traccia la possibile struttura di uno stato nazional socialista.

mein kampf massini einaudi

Nel suo libro Massini affronta solo la prima. Trovando riscontri inquietanti con il mondo di oggi.

A partire da quelli che, in America, Donald Trump richiama. Quando incita a votarlo i forgotten men, uomini e donne che hanno davanti un futuro segnato a cui si vogliono ribellare. Quando li tratta come bambini (“Ci sono negli Usa tante persone cattive, dobbiamo toglierle di mezzo anche se questo avrà un prezzo”).

Anche Hitler, nei suoi discorsi, era infantile, persino nei modi di imputarsi su alcune cose e ripeterle ossessivamente. “Hitler a un certo punto dice: se vogliamo conquistare le masse dobbiamo capire che le masse sono come bambini. E ai bambini non devi fare dei grandi discorsi: devi dire semplicemente cosa fa loro bene e cosa male, cosa è bello e cosa è brutto”. E aggiunge che il rapporto tra un politico e le masse “deve essere lo stesso che ci deve essere tra un uomo e una donna nel momento dell’innamoramento”. Le masse si devono innamorare del fuhrer.

Tra tante affermazioni inquietanti in Mein Kapf, quella con la quale Adolf Hitler sostiene in modo spudorato la totale inutilità delle istituzioni parlamentari. La democrazia non serve – sostiene – perché fatta di inutili riti e deve essere sostituita dalla figura dell’uomo unico.

Un monito. Ricordiamocene guardando a quanto accade in questi tempi.

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