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Allonsanfàn
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Contro Nomadland

Fumano. I nomadi dell’interinale organizzati in tribù per celebrare il rito della nuova Resilienza che tanta gloria porta all’Impero dopo la soppressione di Empire. Ma come? Fumano quando i Marlboro men e i fortunati Strikers sono stati messi al bando da una decade e passa come simbolo di un malcostume che andava sradicato nel nome dell’inno salutista che tutti ci vorrebbe tirati a lucido e sani per competere alle regole folli dell’ordine dei Mercati, che sono nuovi proprio perché sono sempre gli stessi, élites da un lato e inconsapevoli schiavi dall’altro? Fumano. Che si capisca subito che stanno dalla parte sbagliata nell’epica hollywoodiana in versione cinese tarocca, e quindi ancora più integralmente apocalittica, che con mestiere occupa militarmente il posto della critica sociale, disinnescandola all’origine, e dovrebbero invece, accampati alle caselle del Monopoli dei lavori precari, succhiarsi invece un bastoncino di liquirizia godendosi il crepuscolo dei loro giorni Disney di merda – ma almeno, seconda scena di questo polpettone agli ordini del Nuovo Ordine Mondiale, che non è altro che la propaganda al ritorno della Normalità, concessa dall’alto come una carezza del papa ai servi inconsapevoli e obbedienti alla leggi del branco, emarginati ma inclusi, sfruttati ma celebrati, ancora come i loro nonni, padri, mariti dopo una vita quando è vita al minimo sindacale, la cagata nella neve di Wim Wenders era il collaterale di un viaggio in solitaria non la sosta sterile nel circolo vizioso degli zombie inconsapevoli – col sogno in tasca di una vacanza alle Hawai, solo l’ennesimo altrove per sognare non un corteo, non una manifestazione di protesta, non uno sciopero, nessuna lotta nemmeno disarmata come piace ai manganellati sotto le bandiere arcobaleno ma un cazzo di posto per vedere volare delle rondini del cazzo, collezionare sassi col buco in mezzo e la menta intorno da cui guardare il mondo di Greta con fintissimo stupore, il rimpianto del deserto dietro casa, le spine inquadrate con la macro dell’iPhone dei cactus dei poveri cristi che saranno i primi nell’Empire dei cieli, la vita nei boschi apparendo già troppo complessa per i nuovi pionieri che tengono alta la tradizione americana: i nuovi vecchi pionieri con lo sgangherato pulmino “aVanguardia”, su cui sorridere amarissimi, non avendo nemmeno compreso quanto vero sia quel nome, mentre mettono in circolo la forza lavoro, schiavo dopo schiavo, comunista dopo comunista, tra un capannone dell’incolpevole Amazon e la solita pulizia dei cessi nel golf club dei veri ricchi, rassegnati, anzi no, resilienti, proprio come insegna il Vangelo massmediologico che fa e disfa le vite, comprese quelle dei siliconici che si accampano fuori da Google con il camper ultimo modello per guadagnare le ore da commuter da e per le prigioni dorate invece di asserragliarsi, da cittadini liberi, con un cannone nel cortile, lasciando a Bill Gates la bambolina d’oro del più intelligente nella sala delle riunioni, non con la messa al bando o il confino ma con la smisurata celebrazione, e un sacco di gente interessante da incontrare lungo la strada che gira gira ti riporta da oca alla villetta unifamiliare e al tacchino di ringraziamento, e stai sereno così.

Fumano, perché si capisca subito che sono dei reietti per le reginette del “tua culpa” che escono dal lockdown per affollare i parrucchieri ed essere in ordine quando arriva la lettera di licenziamento causa Covid Diciannove. E mangiano hamburger come quegli stronzi di obesi messicani, col teschio dei pirati a segnalare che non sono andati all’arrembaggio ma a dormire. Una banda di idioti che non hanno letto Kennedy Toole, ma manco Steinbeck, travisato Whitman e Thoreau, al seguito di un santone con la barba di Barbareschi che non sa nemmeno perché ha un figlio suicida ma improvvisa due cose innocue sulla tirannia del Dollaro e predica in barba a tutto mandando tutto in vacca: fossero lasciati liberi, per i parametri hollywoodiani sarebbero comunque carne da macello senza nemmeno il sogno d’andare al cinema, vuoto da prima senza scuse pandemiche, a vedere una schifezza come questa. Un mero esercizio di propaganda, travestito da lirica dell’alba e del tramonto, dove gli spazi sconfinati sono le cartoline sulle quali risalta l’ignoranza stolta dei servi che soffrono per non partecipare al sogno collettivo di fare la cacca non in un bidone ma nel water dove finiscono tutte le pepite d’oro. Dove Frances McDormand affitta la sua faccia da indie consumata per il consueto repertorio di mossette a uso e consumo dei gazzettieri che la incensano, la donna con le palle che non si arrende mai come piace al mainstream che tutte le vorrebbe così, pronte a immolarsi non avendo avuto dalla Natura nemmeno la sorte di usare la scala delle prestazioni fuori orario: si fosse rifiutata non avrebbe preso la statuetta della brutta statuina ma guadagnato più in pubblicità della Jebreal che alla causa dei palestinesi antepone l’uguaglianza fittizia delle donne.

Indie Frances

Vecchi fuori dal mercato che ancora si vorrebbero considerare soggetti attivi per lo sfruttamento generalizzato, con grande soddisfazione dei padroni del vapore, giovani alternativi fuori e perdenti in partenza che sopravvivono con le collanine hippies, cowboy dentro che bevono birra in lattina al crepuscolo suonando la chitarrina con la t-shirt brandizzata “Sublime” rimpiangendo pure la vita in miniera, agenti immobiliari vestiti da capri espiatori, confusi tramp sbarbati con la ragazzina nella fattoria che raglia ia-io-ò, più che nomadi prede che finirebbero perculati pure da Alvin Straight col tosaerba su una più onesta diritta via o dagli hobo al passaggio dei treni col gesto famoso di Alberto Sordi o predati da un branco di predoni, nomadi sul serio, e da generazioni, e perciò meglio attrezzati alla vita da strada, mica piagnucolosi sul servizio di piatti di famiglia, in viaggio con una scala attaccata al portellone, ma incapaci di stendere almeno un letto per dormire longitudinali senza stare rannicchiati per avere l’agio poi di lamentarsi degli acciacchi e di aver vissuto invano, autentici fuorilegge piuttosto e non solo del MidWest segnalato da una vecchia insegna al neon (hic erant cowboys), in direzione contraria per scelta non per costrizione di eventi che sembrano passati su tante zucche vuote, a cominciare dal marito nomen omen Bo(h), che vecchi almeno non si nasce anche se qualcuno lo è da sempre.

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