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Allonsanfàn
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Luca Billi. L’età del jazz diventa un romanzo in Anything Goes

Siamo tornati nell’età del jazz: nella New York degli anni Venti del secolo scorso a Broadway si aprono e si riempiono teatri che diverranno leggendari, e Billie Holiday, che si chiama ancora Eleonora Fagan, fa le pulizie in un bordello canticchiando Love for Sale. Intanto, ad Harlem, scalda le corde vocali Cab Calloway, che ci viene presentato al contrario, partendo da fine carriera nell’omaggio scoppiettante che gli tributano Jake e Elwood, i Blues Brothers. Un po’ più lontano, nello spazio ma non nel tempo, in un locale di Rue Fontaine a Parigi, un gentiluomo italiano, tal Luigi Pirandello, varca la soglia per vedere da vicino il prodigio Joséphine Baker…

Signore e signori, si apre il sipario su Anything Goes (Villaggio Maori Edizioni), romanzo ma a suo modo anche saggio di Luca Billi, eccentrico scrittore emiliano della memoria, abile pedinatore di personaggi (e di fantasmi di personaggi) e visitatore di luoghi incantati dove si sono accesi i giochi luminosi di grandi spettacoli che ora non si tengono più.

Billi conferma, in un caleidoscopio di storie apparentemente inattuali, un gusto particolare per gli intrecci, gli incontri, gli scontri e gli agguati che occorrono nel cammino di mortali e immortali, e che qui spesso hanno a che fare con gli andirivieni della fama e con quelli della storia con la esse maiuscola.

Ogni capitolo di questo romanzo inconsueto – per la forma combinatoria – ha un incipit spiazzante, che ci persuade ad alzarci e a seguire la pista di Billi fino a Broadway o, càpita spesso, fin sotto la scritta di Hollywood. Io prediligo le storie che cominciano con una domanda da enigmista, per esempio questa: “Cosa hanno in comune Betty Boop e il dottor Jekyll, la signorina Jane Parker e Scarface?” (e sì, davvero, il ricciolo lezioso di una pin up disegnata entra in contatto con la grinta losca di Al Capone, perché…).

Oppure mi piace l’innesco di capitoli che la prendono alla lontana: “Questa storia comincia a Padova, alla fine del Cinquecento. Eppure è la storia di una flapper”… Una flapper come la scrittrice Dorothy Parker che “decide di godere delle stesse libertà – e di perdersi negli stessi vizi – degli uomini, frequenta gli speakeasies, fuma, gioca a poker, beve, guida. Seduce con la sua ironia”.

Ma come mai proprio l’età del jazz, e del musical, e delle grandi canzoni americane, e del cinema delle dive e dei divi, è al centro di queste trecento pagine? Il jazz, dice Billi, “…è la musica del Novecento perché (…) è essenzialmente l’unione del ritmo della tradizione africana e della melodia di quella europea, è contaminazione, ossia il tratto distintivo di questo secolo, nei suoi momenti migliori”. Contaminazione: la stessa che decide la forma di un libro ibrido dalla trama sinuosa ma dalla sintassi chiara, mai bisognosa di fronzoli.

Leggiamo un altro brano, per capirne il titolo, che rimanda al songbook di Cole Porter: “…l’espressione Anything Goes può essere lo sfogo sconsolato di un moralista di fronte a quelle che sembrano le moderne licenziosità dei costumi (…) ma Porter gioca con le parole (…) L’America soffre ancora amaramente per gli effetti della crisi del ’29, sono gli anni della Grande depressione, sono gli anni in cui John Steinbeck scrive Uomini e topi e Furore: sta davvero succedendo qualunque cosa”.

Ecco il punto. Nelle avventure musicali e teatrali raccolte nelle sette tracce o sequenze di Anything Goes, non soltanto è palpabile la passione con cui Billi segue giganti dello spettacolo e omini e donnine qualunque nei luoghi per i quali vanta un visto sul doppio passaporto dello studio e della fantasia. È evidente, dicevo, una forte attenzione sociale, pronta a rendere attuali le storie che abbiamo chiamato poco sopra “apparentemente inattuali” e a raddoppiare, nel caso, la pietas destinata agli sconfitti, mentre si condensano o sfaldano nel testo i nostri sogni di amore e di bellezza, di giustizia e di fortuna.

Anything Goes, già. Tra i geni e i musicisti, la gente del pubblico e i produttori che contano i dollari, tra i saggi e i pazzi, tra i capitalisti e gli straccioni, prende corpo il Novecento, con le sue grandi idee, la rivendicazione dei diritti dei neri, le sacrosante battaglie per quelli dei lavoratori e delle lavoratrici, gli scioperi, il socialismo e l’anarchia (vedi alla voce, Nicola e Bart, cioè Sacco e Vanzetti)… Anche il primo romanzo di Luca Billi, Una mucca alla finestra (Villaggio Maori Edizioni), mescolava arte e politica, spirito Dada e comunismo Doc, in una via di Zurigo fantastica e insieme molto concreta… Ma ora possiamo fare silenzio, lo spettacolo sta per cominciare.

La cover del libro: Giulia Impellizzeri

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