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Allonsanfàn
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Bookcrossing. Negli occhi di una ragazza di Marina Jarre

Maria Cristina cresce tra poco amore e molto non amore, e trova la sua via nella solitudine, che è quella di tutti e quella particolare dell’essere donna: si accorge un giorno, con sorpresa, di provare il piacere/sofferenza del distacco dagli altri e in primo luogo dai suoi genitori.

Negli occhi di una ragazza di Marina Jarre (Einaudi 1971, lire 2.500, ma il 15 giugno dopo una lunga scomparsa dalle librerie esce di nuovo per Bompiani) è il romanzo della tredicenne Maria Cristina, a cui piace soltanto l’ora di disegno, anzi disegnare. Maria Cristina che prende forma come personaggio (e come adulto in fieri) emergendo da un mondo di eventi e di cose che dapprima si affastellano confusi e confusivi nella sua vita, si saldano, contrastano o giustappongono, fino a essere a poco a poco capiti e a diventare un destino, fino a condurre la ragazza a una serie di scoperte fondamentali.

Sono rivelazioni sulla famiglia, sull’amicizia e l’amore, sulla città/società dove abita, la turbolenta Torino di fine anni Sessanta, su un ruolo già stabilito di donna (di cosa – ed essere una cosa e vedere gli altri come cose sembra salvifico alla ragazza poiché anestetizza il dolore, ma è al contempo orribile perché riduce tutto all’utilità transitoria del servire), un ruolo, dicevo, a cui Maria Cristina forse, alla fine del romanzo, sarà in grado di dire di no. Intanto, incontriamo la figura ribelle del fratello maggiore Roberto, che disprezza il padre, rassegnato elettricista comunista, ed è misteriosamente legato alla ragazza ricca Mimma oppure le immagini/specchio della protagonista, la madre muta e ammalata e la compagna di classe Eliana, innamorata per lo scorno dei suoi del meccanico Enzo e con lui fuggitiva, nella progressione di una trama che leggiamo quasi in filigrana, attraverso lo sguardo di Maria Cristina.

Ho usato prima l’avverbio misteriosamente perché al principio tutto è misterioso per un’adolescente che impara, insieme al lettore, di capitolo in capitolo – Gli alberi con le gemme, La ragazza di Roberto, Le cose, Il viso… sono alcuni titoli programmatici di un disvelamento.

Trovo fuorviante l’immagine di copertina (pur bellissima) della vecchia edizione Einaudi, che riporta un disegno pop di Roy Lichtenstein poiché rappresenta lo stereotipo congelato di una ragazza triste, mentre la Maria Cristina di Jarre è un tentativo di sfuggire ai cliché di una vita seriale – l’autrice prova a sottrarvela nell’accurata messa a fuoco di una specificità e nella possibilità di una scelta.

Per concludere o per aprire un altro discorso: mentre leggo Jarre, penso all’autobiografismo di molti suoi romanzi – questo sembra invece, da quel poco che so di lei, di oggettiva fantasia – e ricostruisco l’apparire nella narrativa italiana di un genere “autoginografico” (colgo il termine in uno studio su Fabrizia Ramondino). Lo spunto biografico, più urgente e necessario per una storia anche minuta scritta al femminile, offriva l’occasione di rimettere in assetto, di illuminare una narrazione tradizionale, cioè inserita in una tradizione letteraria… Altri tempi se si riflette sulla semplificazione estrema e stremata di molti attuali memoir/diario che della letteratura fanno decisamente a meno.

  • Ho trovato il libro di Marina Jarre in bookcrossing alla cartoleria Papermoon di via Porpora 126, tra bellissimi vecchi libri. Dal 15 giugno il romanzo ritorna nuovo, a cura di Marta Barone, per Bompiani
  • Allonsanfàn su Marina Jarre, anche qui
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