L’estate si presta per leggere libri di genere, magari per interrompere la sonnolenza che prende quando si sta al sole sulle sdraio o nell’ombra di una pineta in cui alla fine abbiamo cercato riparo. I libri di genere ci tengono svegli e in particolare, se la suspense solletica il nostro interesse, i noir.
Quest’anno se ne sono visti molti pubblicati dal gruppo Gedi e allegati spesso ai giornali di riferimento… che poi sono quasi tutti: ovvero la Repubblica, La Stampa, il Messaggero, il Secolo XIX, il Piccolo, la Gazzetta di Mantova, il Mattino, la Provincia Pavese, la Tribuna di Treviso, la Nuova di Venezia e Mestre, il Corriere delle Alpi, la Sentinella del Canavese. Questi giornali sono ricordati nell’ultima di copertina dei noir Gedi. Ma poi ce ne sono altri: quotidiani più o meno locali, alcuni oggetto di una ristrutturazione o in vendita di cui non ci cureremo di sapere dove sono andati a finire o dove andranno a finire anche perché i noir Gedi si possono comprare separatamente dal quotidiano e chi è abituato a leggere testate del suo luogo di residenza non distribuite nel luogo di villeggiatura può sempre ordinarli al suo edicolante.
Noir e stampa mainstream
Naturalmente si potrebbe aprire un discorso su tutto ciò, perché i giornali che ho rammentato fanno parte di un’unica proprietà in cui la maggioranza delle azioni trova il punto di riferimento nella Giano Holding, società per azioni detenuta dalla Exor di cui è amministratore delegato John Elkann (della famiglia Agnelli) diventato presidente del Cda nella Gedi. Ci sono anche altri clan familistico-finanziari proprietari della carta stampata in Italia, da quelli vicini agli Angelucci di Roma, ai De Benedetti o ai Berlusconi e ai Cairo che sono anche proprietari di periodici e Tv. Non a caso si tende a sottilizzare poco sull’indirizzo editoriale di questa stampa e spesso si usa per essa il termine inglese mainstream tra i cui sinonimi si trovano: convenzionale, comune, dominante. Chissà se non ci sarebbe da scrivere un noir su certi cambi di proprietà più o meno antipatizzanti ma cointeressati nell’orientare l’opinione pubblica visto che l’informazione in Italia è oggi al 58° posto nel mondo quando era stabile al 41° da anni (e anche il 41° non era un granché). Comunque questa è una digressione perché, tornando a bomba, a noi interessa parlare della lettura estiva di genere e, in particolare, di un noir nordico intitolato Nella tana dei lupi che forse anche voi avete letto o di cui avete sentito parlare.
Perché ci interessa proprio questo noir? Perché ci è piovuto addosso, come si suol dire, “a pipa di cocco” quest’estate quando si avvicinava una tempesta politica e militare in Europa. Dunque, spieghiamoci meglio. Il libro apparve per la prima volta a Oslo nel 1997, fu tradotto e pubblicato in Italia da Einaudi nel 2012 e riappare nelle edizioni Gedi (collana Essenza Noir) nel 2022. L’autrice non è una illustre sconosciuta agli affezionati del genere, ma Anne Holt: avvocato, giornalista e – cosa più interessante – dal 1996 al 1997 ministro della giustizia nella Norvegia dove ora vive, dopo essere stata alcuni anni negli Stati Uniti, a Dallas e nel Maine. Adesso, dicevamo, è una delle più accreditate scrittrici del filone noir nei paesi scandinavi dove, ormai, questo filone costituisce una sorta di corrente letteraria.
Dunque, prima di andare avanti e scoprire le nostre ragioni specifiche d’interesse per il libro, sarà bene assicurarvi che non riveleremo la conclusione di Nella tana dei lupi sebbene un noir sia un po’ diverso dal giallo classico in cui chi indaga infine scopre sempre gli autori del delitto.
Il giallo (che poi è il colore delle famose copertine Mondadori destinate al genere) quasi sempre è consolatorio nel senso che i colpevoli vengono assicurati alla giustizia e l’abilità del giallista, se è bravo, consiste nel tenere l’autore col fiato sospeso fino all’ultimo. Il noir non prevede, invece, un finale consolatorio e quasi sempre interroga il lettore sull’ambiente in cui avviene il malaffare che talvolta è cupo e sfiora il genere horror. In questo caso potremo permetterci di dire subito di quale delitto si tratta perché così inizia il libro, per l’appunto, e andrà avanti per 442 pagine intrattenendoci, fino alla soluzione finale, con la lettura avvincente del contesto in cui si sviluppano le indagini con risvolti imprevisti in specie nell’ambiente politico e spiegazioni che attengono, ci è sembrato, anche all’oggi.
Morte di un premier
Abbiamo già detto che siamo in Scandinavia, esattamente in Norvegia, e che ciò c’entra molto con la politica. Il delitto, possiamo riferire, riguarda la morte non naturale del presidente del consiglio laburista in un quadro d’incertezze per l’eventualità che subentrino al suo governo maggioranze diverse insieme al nuovo presidente del consiglio. Fa pensare, anche, la trama, che possano esserci di mezzo soggetti provenienti dall’estrema destra e persino disegni che traggono risorse e interessi dagli ambienti, anche russi e tedeschi, che si affacciano sul Baltico. Ricordiamo, a questo punto, che la Norvegia è un grande produttore di idrocarburi (petrolio e metano) e che dai Paesi Bassi alla Germania, alle repubbliche di Estonia e Lituania, può risultare un’alternativa alle forniture russe del Nord Stream con il Baltic Pipe.
Al centro ci sono capovolgimenti internazionali che, pur ipotizzati nel 1997, trovano riscontro solo oggi con la guerra in Ucraina: la Finlandia e la Svezia che escono dalla neutralità e aderiscono alla Nato, la Svezia che addirittura assiste a un cambiamento radicale della tradizionale leadership socialdemocratica con la salita al governo, tramite un regolare voto democratico, del partito di destra. E, nella Norvegia del 1997, che cosa poteva immaginare che sarebbe potuto accadere la scittrice Anne Holt dopo l’ipotetica morte della presidente del consiglio non dovuta a morte naturale? Stileremo, in ultimo, una cronologia dei fatti che si succedono perché il lettore ne tragga qualche suggerimento. Qui, naturalmente, la conclusione ce lo teniamo per noi sebbene possiamo anticiparvi che, alla fine, saremo stupiti dalla sua dolorosa banalità. Ci sono, però, delle pagine da cui crediamo di poter riportare qualche brano perché ci restituiscono il clima che già si respirava nelle stanze del potere della Norvegia negli anni in cui il libro è stato scritto. C’è un dialogo irritato e secco, senza nessuna concessione, fra il presidente del consiglio e segretario del partito laburista Trygge Storstein succeduto alla premier appena scomparsa, teso a neutralizzare certa Ruth-Dorte Nordgarden, ministra rampante e crudele, scoperta mentre trattava partite riservate con la stampa del suo Paese. Segue il dialogo.
Un’analisi politica
– Tu non hai ideali, Ruth-Dorthe. Mi piacerebbe sapere se ne hai mai avuti. È pericoloso. Senza ideali perdiamo di vista il punto… la base stessa per cui facciamo politica. Tu sei un membro del Partito laburista, dannazione!
Trygge aveva alzato la voce, gli si erano imporporate le guance e gli occhi erano diventati più grandi:
– Per cosa ci battiamo? Me lo sai dire? Il pubblico là fuori… gli elettori, la gente… chiamali come ti pare. Perché devono votare per noi? Perché noi vogliamo ripartire e distribuire, Ruth-Dorthe. Non siamo più rivoluzionari da un pezzo. Non siamo nemmeno particolarmente radicali. Amministriamo una società di mercato e viviamo tranquilli in uno spazio internazionale che viene controllato perlopiù dal capitale. A noi sta bene. Sono mutate molte cose. Forse dovremmo cambiare addirittura nome.
Poi, saltando la descrizione dell’atmosfera in cui si svolge il dialogo:
– Giustizia. Una ripartizione relativamente equa di tutto il latte e il miele che circola là fuori. Che non può mai… non raggiungeremo mai la giustizia piena. Mai… ma per poter fare qualcosa, per cercare di livellare le iniquità… sei ma stata nella parte orientale di Oslo? Sei mai stata da quelle parti? Hai mai visitato il quartiere di Tøyen, una famiglia di immigrati con cinque figli, il gabinetto nel corridoio e ratti grossi come gatti in cantina?
E infine, dopo un tentativo di difesa della Ruth-Dorthe che non riesce a nascondere rabbiosi risentimenti, il primo ministro conclude:
– Tu fai politica per te stessa, Ruth-Dorte. Per un tuo ritorno personale. Tu sei pericolosa. Tu non pensi agli altri. Non al partito, non alla maggior parte della gente. Soltanto a te stessa.
Bene! Sono successe tante cose. Il libro è uscito per le edizioni Gedi il 15 marzo di quest’anno. La guerra in Ucraina era iniziata il 24 febbraio. Che si trattasse di una guerra che mescolava gli interessi collegati alle fonti energetiche con ragioni geopolitiche e militari si era capito subito. Ne avevamo scritto anche noi su Allonsanfàn già il 19 con questo titolo Gas e difesa russa. I due nodi della crisi ucraina. Non abbiamo mai covato tesi complottiste, ma che c’erano premesse collegate più alle ragioni delle aree d’influenza americane e russe che alle guerre di confine, ci era parso evidente. Che cos’è cambiato da allora? Tra luglio e agosto i Paesi aderenti alla Nato (tutti, compresa la Turchia) accettano il percorso d’ingresso nell’alleanza atlantica di Finlandia e Svezia fino ad allora neutrali. L’11 settembre la destra vince le elezioni in Svezia e si candida a guidare il governo. Il 25 settembre accade più o meno la stessa cosa in Italia. Il 26 settembre si verificano le esplosioni che bloccano l’arrivo di gas russo tramite il Nord Stream. Il 30 settembre Putin ratifica un referendum che prevede l’adesione della parte russofona ex-Ucraina alla Russia dichiarando che l’operazione speciale diventa guerra senza limiti se qualcuno cercherà di impedirla. Il 2 ottobre il segretario della Nato Jens Stoltenberg dichiara che qualora analoga cosa avvenisse per il Baltic Pipe, questo richiederebbe risposte non solo dalla Norvegia e dalle aree scandinave ma da tutti i paesi aderenti all’alleanza atlantica. Né Putin né Biden, del resto, escludono il ricorso alle armi nucleari.
Un finale apparentemente banale per quanto doloroso come quello che troveremo, con sorpresa, nel libro di Anne Holt, a questo punto non ci dispiacerebbe. Ma la scrittrice è troppo astuta ed esperta (l’ho già detto: ministro della giustizia norvegese dal 1996 al 1997) per alludere a certe cose per caso e persino un bel po’ di anni fa. E forse nemmeno l’editore che lo ha ripubblicato proprio ora. Nel libro, tra l’altro, non mancano nemmeno il ruolo di un giudice della Corte Suprema che sembrava all’inizio tranquillizzante, e un oligarca ex Germania Est diventato grande imprenditore privato nel settore dei medicinali non senza qualche scheletro nell’armadio (e questo la dice lunga, per noi, in epoca di pandemia). Ma qui ci fermiamo. Leggete e formatevi qualche opinione da soli. A volte, quando si intravede un finale assai nero come è il caso, oggi, dell’Italia, dell’Europa e del mondo, può essere utile anche pensare a un finale non di conforto, ma almeno disassato rispetto all’ipotesi più tremenda: la guerra nucleare. Noi, quest’anno, da bravi borghesi pieni di buone intenzioni, ne abbiamo parlato approfittando della lettura di Nella tana dei lupi fra una nuotata e l’altra di questa caldissima estate. Purtroppo, adesso che è cominciato l’autunno, non siamo troppo sicuri di aver nutrito con sufficienti iniziative quelle speranze che ci invogliavano a stare bene nelle nostre calme acque e sulle spiagge afose. Dio, se c’è, ci perdoni.
Nella foto di apertura, al lavoro per il Baltic Pipe Credit: Saipem, File:Anne Holt signing IMG 1310 C.JPG by Anneli Salo is licensed under CC BY-SA 3.0.